Sulla defecazione

Ben pochi si rendono conto delle sconcertanti verità che cela l'atto della defecazione, e troppe sono le persone che si emozionano difronte ad un parto definendolo un miracolo della vita. Io vorrei tanto sforzarmi per trovare le differenze che spingono gli uomini a sotterrare il primo ed a innalzare verso il cielo il secondo, ma purtroppo mi è possibile senza il minimo sforzo.
Che ci sia una differenza tra un neonato ed uno stronzo è lampante: mentre uno nasce immaturo, matura e poi marcisce, l'altro nasce già decomposto liberandosi dal tedio della decomposizione – altre differenze sono completamente fuori luogo. Alla nascita siamo semplicemente un escremento immaturo, una massa organica che ricopre gelosamente il nostro spirito costringendolo ad attendere la sua marcescenza. Se quindi un nascituro è simbolo di vita, un escremento ingabbiato nel retto è simbolo di morte, il miracolo della morte. E se durante la defecazione si può provare del disgusto – che si affievolisce con l'abitudine – è solo perché il nostro corpo non accetta una fine del genere, mentre allo stesso modo si vorrebbe risbucare ogni giorno dalla vagina della madre per preservare la propria giovinezza.
Gli escrementi andrebbero osannati: essi sono prova morente di vita vissuta, sono il nostro futuro, e noi li produciamo ogni giorno con distacco, senza dargli la meritata importanza. Durate la vita ci prodighiamo, a volte con entusiasmo altre con prostrazione, nel produrre qualcosa di utile – che poi potrà essere utile per noi o per la società. La defecazione – dal momento che è l'eliminazione di scorie più massiccia che il nostro corpo è in grado di produrre – non ha rivali, perché scartare il marcio che c'è in noi risulta liberatorio nonché profetico, dal momento che un giorno sarà il mondo a fare lo stesso con noi.
Il prodotto di questo viscerale bisogno è arte, e se qualche individuo si permette di dichiaralo tale non deve essere preso come un provocatore. Essa è arte primordiale, più in basso della quale semplicemente non c'è arte, com'è vero che dopo la morte non c'è più vita. In generale le opere d'arte sono
feccia più o meno camuffata per apparire gradevole, ma se si cominciasse a struccarle, a privarle dei loro eleganti abiti, si ritroverebbero pian piano quei viscerali prodotti, liberatori, sporchi e disgustosi che il nostro corpo – e quindi anche la nostra mente – non può sottrarsi dal generare.

(La vita, perpetuata ormai da millenni - e dunque sgualcita e sbiadita - riesce ancora a contorcere gli intestini di individui pensanti o meno dando luogo a quel fantastico atto chiamato defecazione. Ed è proprio qui che si raggiunge la comprensione assolutistica del tutto - ovvero del niente - senza dimenticare le incessanti e sconvolgenti peripezie del pensiero umano.)

1 commenti:

Anonimo ha detto...

la merda è la merda (cit.)