Un'allegra passeggiata in campagna

Il cielo era grigio e nuvoloso, sembrava dovesse cominciare a piovere da un momento all'altro, le nubi erano grigie e molto pesanti, opprimenti. Stavo facendo una tranquilla passeggiata in campagna, tra vari fiumiciattoli dall'acqua fangosa. Percorrevo una strada di ghiaia, era tutto silenzioso, si sentivano solo le mie scarpe affondare tra i sassi. In lontananza intravedo una ragazzina seduta sull'argine del fiume, indossava un vestito di tela bianca, strappato in vari punti e sporco di terra. Era tutta sporca di terra in realtà, ed anche i suoi capelli neri erano sporchi ed unti.
Avvicinandomi rivolse lo sguardo verso di me e mi fece un sorriso. Aveva anche i denti sporchi di terra, pensai che ne avesse mangiata un po', sarebbe stato segno di invidiabile intelligenza. L'atmosfera era molto calma: niente vento, li uccellini sembravano estinti da tempo e l'acqua del fiumiciattolo era praticamente stagnante.
Era piccola, ma molto carina. Continuava a guardami con quegli occhioni neri, ed io rimanevo immobile. Avevo una voglia pazza di toccare il suo sesso, sentirlo bagnato e poi violentarlo con il mio membro. Mi faccio schifo per questo.
Mi avvicinai di colpo e spingendola con forza la buttai per terra, tra il fango che puzzava d'uova marce. Mi gettai violentemente su di lei, piccola ed indifesa, le allargai quelle cosce minute per far spazio al mio ampio bacino. Era molto impaurita, aveva il terrore negli occhi, si fece la pipi addosso che le colò calda attraverso il glabro inguine. Le strappai via quelle mutandine zuppe d'urina, ed il mio glande gonfio di sangue stava già sfiorando le sue labbra di donna. Lei piangeva, le lacrime le lasciavano dei solchi in quel viso imbrattato di terra mentre io la tenevo ferma premendo sulle costole. Le sue gambe scalciavano l'aria afosa circostante. Non vedevo l'ora di penetrare quella piccola vagina tanto morbida e giovane, ma tutt'un tratto mi levai di colpo da quel piccolo corpo indifeso. Bruscamente, come quando metti in bocca qualcosa di avariato e sputi tutto fuori d'istinto. Lei non se ne accorse nemmeno, e continuò a piangere.
Ebbene, le presi la testa e gliela immersi nel fiume. Piccole e grandi bolle d'aria ricoperte di fanghiglia venivano in superficie. Quello era il suo alito, i suoi gemiti di pietà, probabilmente non molto diversi da quelli che avrebbe emesso durante l'orgasmo. Piano piano le bolle diminuivano, ed il suo corpo si rilassava sempre più, fino alla morte.
Era morta lì, tra il fango ed i vermi. La mia mano stringeva ancora forte al sua nuca. Allentai la presa, e con un calcio gettai quel corpicino in mezzo al fiume, e mentre mi rimettevo il cazzo nelle mutande, lo osservai galleggiare e dopo un po' affondare.
Mi voltai, ripresi da terra le sue mutandine ancora umide di pipi e me le misi in tasca. Così ripresi la mia passeggiata con un lieve sorriso sul mio volto.

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